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Quella finale degli US Open del 2009 non fu solo una partita di tennis, ma una vera e propria epopea sportiva che incantò il pubblico. Il dialogo tra amici cattura perfettamente l’intensità di quell’incontro: “Hai presente Del Potro che ha stoppato Federer dopo 4 ore intense?” “Sì, finì 3‑6, 7‑6(7‑5), 4‑6, 7‑6(7‑4), 6‑2 in 4h 6′!” raccontano gli amici, rivivendo un momento che ha segnato un’epoca. In quella giornata, il giovane Juan Martín Del Potro, allora 20enne, riuscì a compiere un’impresa straordinaria, interrompendo la striscia di 40 vittorie consecutive di Roger Federer a Flushing Meadows e negandogli il sesto titolo consecutivo.

La partita fu un susseguirsi di emozioni, caratterizzata da scambi estenuanti e colpi potenti che tenevano tutti con il fiato sospeso. I due tie-break vinti da Del Potro furono i momenti chiave, quelli in cui il pubblico sentiva che qualcosa di magico stava accadendo. “Federer era quasi imbattibile… poi Delpo alza il livello”, dice uno degli amici, sottolineando la crescita esponenziale del tennista argentino nei momenti cruciali. Quel passante al tie-break del quarto set, descritto come “magico”, è diventato un simbolo della sua determinazione. Con il passare del tempo e l’aumento della stanchezza, la forza fisica e mentale di Del Potro ebbe la meglio. La rimonta dal 2-1 per Federer al 3-2 finale in favore dell’argentino non fu solo una questione di tecnica, ma il trionfo di una volontà d’acciaio che si oppose al dominio di un’icona del tennis. Quella vittoria non solo gli valse il suo primo, e unico, Slam in carriera, ma lo consacrò come una stella emergente in grado di sfidare i “mostri sacri” del tennis.

 

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